

Come l’arte può entrare in relazione con un territorio, inteso sia come luogo fisico sia come persone che lo vivono? Ecco la domanda a cui gli artisti sono stati invitati a rispondere, traducendola in azioni o percorsi artistici, in spazi urbani non-teatrali della città, accomunati da una stessa condizione di scarso utilizzo o abbandono, immaginando scenari e interventi possibili per una loro riappropriazione da parte di chi vive Rovigo.Le stesse domande e riflessioni sono state quindi rivolte alla città, attraverso performance artistiche di provocazione realizzate da tre personaggi fantastici, testimoniate da un video, che sarà realizzato nei prossimi mesi. Tre parole-chiave, fortemente legate agli obiettivi che LUCI si è posto, hanno guidato gli artisti in questo percorso attraverso gli spazi individuati nella seconda edizione del progetto: cura, intesa come protagonismo dei cittadini nella valorizzazione dei luoghi; cultura, in grado di trasformare un luogo in un presidio e in un polo attrattivo della città; presenza, come specifica esigenza per ricostruire legami affettivi tra le persone e i luoghi del tessuto urbano.
“Gli spazi esplorati in questi anni dagli artisti sono molteplici e diversi tra loro - commenta Giorgia Businaro, referente del progetto LUCI. La suggestione che volevamo provare a trasmettere, era quella di provare a tracciare una mappa all’interno della città riconnettendo tali luoghi con i loro abitanti, attraverso esempi di arte calata nella sfera pubblica, riflessione urbanistica e attivazione della partecipazione locale alla vita pubblica e sociale della città”.
“Abbiamo voluto realizzare questa azione - afferma Romina Zangirolami, dell’Associazione Cantieri Culturali Creativi - perché riteniamo che anche il linguaggio artistico possa diventare strumento nella formazione dei comportamenti dei cittadini. Una nuova consapevolezza civile e culturale passa anche attraverso ad un rinnovato senso di appartenenza e condivisione con la comunità e la città.”
E lavorando proprio all’interno della città, il messaggio degli interventi artistici era infatti quello di sottolineare la necessità di ristabilire la relazione tra cittadini e spazi urbani, anche attraverso pratiche di cittadinanza attiva. Le maschere, che nascondevano volutamente l’identità dei tre artisti, lasciano immaginare infatti che, dietro al travestimento, ci possa essere ogni cittadino che voglia mettersi al servizio della propria comunità, utilizzando e valorizzando i luoghi, con uno sguardo al futuro della città e alla riscrittura dei suoi significati e delle sue funzioni.
Le performance sono state realizzate da: Beatrice Pizzardo, Ion Pralea, Romina Zangirolami.
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